ARTE e CULTURA dell'IO 

"Lasciate passar le libellule; sono straniere innocenti. Felici, seguono il duplice astro fin qui, con doni."

Novalis, Fede e amore

 

"...per avere sentimento di vita bisogna saper dare contributo di vita."

Rudolf Steiner, Antroposofia. Alcuni aspetti della vita sovrasensibile

 

"L'organismo percettivo si manifesta qui, allora, come un organismo per l'io, nel quale l'io trova uno strumento non per l'esclusiva affermazione di sé, ma per il generarsi quale trasparenza di un autentico dialogo fra io: quale io dialogico." 

Salvatore Lavecchia, Un io dialogico. Antroposofia dei sensi

 

"L'apparire è maya, ma, come pensiero predialettico, è la prima forma dell'essere in cui l'uomo è libero, sia da una natura superiore, sia da una natura inferiore: è libero di creare. In tale libertà egli comincia a essere creatore secondo l'Io... Senza l'Io, il mondo non potrebbe apparire, né il Logos operare come Redentore del mondo." 

Massimo Scaligero, Iside-Sophia. La dea ignota 

 

   ARTE e CULTURA dell’IO è espressione che vuole mettere al centro dell’attività creativa e comunitaria dell’essere umano l’Io: non l’io-soggetto della prima persona né l’ego autoreferenziale, entrambi chiusi nella propria prospettiva di confine dentro/fuori (io/tu) e dunque non autentici, non capaci, cioè, di operare da sé, di essere autori di qualcosa che voglia annullare quel confine per Donarsi all’altro, ma Io quale luminosa, cosciente  individualità spirituale totalmente aperta, attraverso il proprio organismo percettivo, all’incontro con il mondo e con gli altri, per Donarsi. In tale senso, L’Io è archetipo dell’Artista che, autenticamente, è capace, ogni volta e in maniera sempre nuova, di generare coscientemente unità di sé e altro (o, plotinianamente, di identico e altro), armonia di dentro e fuori (trascendendo qualunque prospettiva di confine, oltre ogni polarità soggetto/oggetto, fenomeno/noumeno), DIALOGO fra IO.

   Un Io così dialogico è un Io che, non ostacolato nel suo manifestarsi da confini spazio-temporali, è centro capace di generare, istantaneamente, una sfera infinita di luce spirituale (luce e calore d’Amore) nella quale ogni Io che incontra un altro Io è unità: in tale sfera (la cui circonferenza – per usare un’immagine attestata in Liber XXIV Pilosophorum e ripresa da Nicola Cusano - è in ogni luogo e in cui ogni punto è centro) l’Io, espandendosi infinitamente, è unità col proprio contrario, con il concentrarsi altrettanto infinito, senza tuttavia coincidere, senza cioè perdere autenticità, individualità, unicità. Così, nell’incontro di un Io con un altro o più Io, ogni Io comprende l’altro essendo, simultaneamente, il medesimo centro e pure due o più centri di luce che, in mutua percezione, si compenetrano, si armonizzano, respirano insieme, senza tuttavia confondersi, senza sradicarsi da sé né disintegrarsi in sé. Si realizza, così, quella trasparenza che è tanto più spontanea (cioè liberamente voluta, quindi desta) quanto più tende a un dialogare in cui il percepirsi non si arena nella polarità soggetto/oggetto, ma si apre, in Amore e Libertà, Libertà e Amore, al reciproco Dono di sé, al lasciar fecondare il proprio essersi fatto vuoto dal pieno che il Dono dell’altro è, dal pieno che l’auto-Donarsi stesso è, per entrambi (non sarebbe Amore se non fosse Libertà da sé e da altro).  Libertà è, in questo rinnovato, fresco, improvviso orizzonte dialogico, Libertà per: per essere vegliante, solare inizio, qui e ora, ovunque e sempre, ovvero Presente infinito in cui volere il Bene, manifestare il Bene, ispirare il Bene. La forza dell'Io Sono, forza del Cristo che edifica l'umano secondo le leggi dello Spirito, è la medesima forza con cui ogni Io può riconoscere se stesso in ogni essere che incontra, in ogni altro Io.

   In tale apertura di senso, l’Arte quale attività creativa è una dimensione privilegiata per l’espressione dell’essere umano come Io: ogni persona, ogni Io che percepisce l’opera d’arte (dialogando, così, con l’artista che la crea, a sua volta dialogante con il pubblico), non solo è, nel percepirla, rigenerato da essa, ma la rigenera a sua volta in virtuoso scambio. Si tratta, cioè, di rigettare quella seducente ma sterile arte viziata da solipsismi auto-celebrativi, per fondare un’Arte, quella dell’Io, che è dimensione cosmica, creatività e generatività fluenti dalla Sorgente spirituale della Grazia, soglia verso il futuro di comunità unite dal voler rendere pacificamente visibile, fino alla trasparenza che è luce di autenticità, il Buono Bello Vero, mediante atti universalmente liberi e responsabili, amorevoli e unificanti, creativi e trasfiguranti, oltre ogni pregiudizio o sapere astrattamente precostituito.       

 

“La tradizione artistica d’oggi dipende esclusivamente dal fatto che l’artista trovi e svegli in se stesso, consapevolmente, una tale sorgente e ispirazione individuale. Ed egli deve appunto trovarla e svegliarla mediante il lavoro critico conoscitivo del suo Io cosciente.”

Arturo Onofri, Nuovo Rinascimento come Arte dell’Io

 

L’Arte ha, per me, un’origine sovrasensibile (per usare un termine caro a Goethe); proviene da un mondo di parole, luci, colori e suoni in cui l’anima e lo spirito vivono in intensità e qualità, senza quantità, in un tempus discretum, tempo discontinuo che irrompe talvolta nel tempo ordinario come un bagliore di eternità. Quando lo spirito umano - parafrasando Rudolf Steiner - va oltre la realtà sensibile, rompendone le parvenze per arrivare al cuore, al centro, gli si palesa ciò che internamente tiene insieme il mondo. Solo uno sguardo capace di penetrare nel profondo può cogliere l’elemento spirituale che vive e opera dietro i fenomeni: ciò che direttamente appare, colto con l’occhio fisico, non può rivelare tale elemento.

   Come suggerire, ad esempio in ambito pittorico (ma vale per ogni arte, ciascuna secondo la propria dimensione creativa), per mezzo di una superficie piana bidimensionale, una terza dimensione sottile non contenuta in essa? Quale prospettiva adottare, le cui leggi ottiche si applichino, non illusoriamente (perspectiva artificialis) ma, per così dire, ipostaticamente, alle forme soprasensibili? Come creare uno spazio spirituale in cui le forme sono, non abolite, ma trasfigurate, sussistendo in maniera ancora più sostanziale e nitida, pura e trasparente 'materia di luce'? Come scoprire un linguaggio nuovo, fatto di parole vive, capaci di suscitare immagini in modo immediato, non per similitudini, allegorie o simbolismi astratti, ma per richiami e corrispondenze propri di una realtà spirituale? 

   L’attività artistica è, per così dire, un 'guardare' nella sfera del reale (non con uno sguardo che, sempre più votato all'astrazione, ha smesso di vedere le cose, ma con uno sguardo che non ha bisogno di pupille), cogliendo ciò che i sensi da soli non percepiscono ('sovraestetica'): l’idea (dalla radice greca -ιδ, -id, vedere, da cui ειδος, eidos, forma). Non si tratta di dare a questa idea una forma sensibile ma, al contrario, di illuminare il reale con una luce ideale, offrendo una parvenza in forma di idea (la radice -id si collega al sanscrito -vid da cui vidya, conoscenza - ricalcato nel perfetto oida, ho visto, so). Riprodurre fedelmente la realtà, imitando qualcosa che già esiste, non è creare artisticamente. Lo è quando, a partire dall’anima, si continua il processo creativo del mondo nell’opera, in certo modo superandolo.

   La Natura (participio futuro di nascor, nasco, sono generato) attende proprio questo atto creativo umano per raggiungere il proprio compimento (nanciscor, ottengo, raggiungo). La creazione, la Natura, si prosegue come pensiero vivente dell'uomo.

  
   Compito dell’artista, quindi, non è di far fluire lo spirituale nel reale, ma di innalzare il reale fino alla dimensione dello spirito (e innalzando, di conseguenza, chi contempla o medita, a uno stato superiore, cui l'opera creata rimanda).

   Di fronte alla realtà, l’artista vive e tesse, presentando il reale in forma ideale attraverso il proprio spirito creativo (le forme stesse, prima ancora di essere configurazioni sensibili, sono forze plasmatrici). C’è sempre, negli impulsi del 'subconscio' ad elevare l'energia psichica a un livello superiore, la necessità di manifestare, di esteriorizzare al mondo ciò che lo spirito rivela all’anima e che vorrebbe diventare visione: l’arte soddisfa questa tendenza, trasformando (trans-figurando) le rappresentazioni che salgono dal mondo spirituale dell'anima in forme, in creazioni artistiche percepibili nel mondo. L'artista ha così la possibilità di illuminare, con la propria coscienza, i misteriosi processi  del creare, mettendo la propria arte al servizio dell'evoluzione spirituale dell'umanità, schiacciata dalle macerie del materialismo, pericolosamente sedotta da un falso, preconfezionato spiritualismo e, tragicamente, sempre più impermeabile alla Luce.
   Il tempo, nell’Arte, si ferma. Passato e futuro si incrociano col presente, confluendo in esso, in quiete: l'eternità nell'istante.

 

"L'arte è un tentativo di trasferire in una quantità finita di materia plasmata dall'uomo un'immagine della bellezza infinita dell'universo intero. Se il tentativo riesce, quella porzione di materia non nasconde l'universo, ma al contrario ne disvela la realtà tutt'intorno."

Simon Weil, Attesa di Dio

 

Peter Zumtor, Bruder Klaus Chapel, Mechernich (2007)

 

Mark Rothko, Black on Maroon (1959), Tate Modern, London

 

Rothko Chapel (Houston)

 

Tempietto di Malsch

 

Rembrandt, Cena in Emmaus, 1629 (foto da me scattata in occasione della mostra allestita ai Musei Reali di Torino, Galleria Sabauda, nel 2022)  

Rembrandt, Il cavaliere polacco (1655, Frick Collection di New York)

Dürer, Trasfigurazione 

Raffaello, Trasfigurazione (1518-1520 Pinacoteca Vaticana)

 

Jan van Eyck, Madonna nella chiesa (1425/30 circa) Gemäldegalerie Berlino

 

Andrej Rublëv, Ospitalità di Abramo  (1420/30 circa) Galleria Tret'jakov Mosca